In
principio c’era la Vettabbia
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La Vettabbia nel luogo dove "nasce" subito fuori della Cerchia |
In
principio c’era la Vettabbia… oddìo, anche il Seveso e il Nirone, antichi corsi
i cui nomi di oscura etimologia, ma comunque prelatina, ne testimoniano
l’importanza territoriale. I fiumi e i laghi, ma anche molti torrenti, si
chiamano con parole che risalgono sovente molto indietro nel tempo, a quando
cioè svolgevano una funzione sovralocale che le strade, ancora a uno stadio
“larvale”, non potevano svolgere: l’acqua infatti, lungi dal porsi come
confine, era uno strumento fondamentale di comunicazione anche su lunghe
distanze (si pensi all’Adda, al Ticino e pure al Lambro) e ogni fiume era il
centro unificante del proprio bacino. Non è strano perciò che i nomi fluviali
datino da tempi assai antichi, cioè dalle genti che per prime diedero loro
importanza: parliamo di comunità neolitiche, cioè di ieri, e anche del
paleolitico tardo, che non vanno assolutamente pensate come “cavernicole”,
nonostante un certo modo di scrivere la storia, e pure la “primastoria”*, vuoi
da parte di alcuni studiosi di oggi, vuoi nelle descrizioni propagandistiche
degli storici del passato, nel nostro caso di Polibio, come vedremo in un altro
post.
È
anzi probabile che la primitiva città che diverrà poi Milano, quasi certamente
chiamata Alba, sia stata fondata nel luogo dove Seveso e Nirone convergevano.
Ma abbiamo detto che la Vettabbia era in principio, perchè essa era importante
già in epoca romana e ha continuato a esserlo a lungo (e forse oltre che un
passato avrà anche un futuro); inoltre possiede un nome ben identificabile, pur
se molti milanesi non ne conoscono il relativo percorso, che però chiunque può
verificare percorrendo il territorio: un nome particolare in una situazione
particolare, che è quella di corsi che entrano a nord ma che non troviamo in
uscita, e all’inverso di un corso che esce a sud, il cui nome però non esiste
in entrata. Il Seveso e il Nirone, infatti, divenuti acquedotti, scarico
fognario, strumento irriguo, si perdono in una nebbia geografica e anche
storica; cioè si disperdono nel vero e proprio labirinto di acque che esiste
sotto la città e che nessuno probabilmente conosce nella sua intierezza. La
Vettabbia invece, nata apparentemente in quel groviglio idrico che troviamo fra
San Lorenzo e l’attuale Darsena (nodo essenziale delle acque meridionali,
mentre attorno a San Marco troviamo quello delle acque settentrionali), scorre
dal suo incile nominale, insomma dal suo imbocco burocratico, verso sud fino a
confluire nel Lambro, poco prima di Melegnano, contrariamente a quel che alcuni
"esperti" sembrano credere quando affermano che il Redefosso riceve
la Vettabbia come affluente, mentre è agevole constatare coi propri occhi che,
nei pressi della Cascina Rampina, sulla Via Emilia, avviene il contrario.
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L'inizio del corso d'acqua con i due rami: alle spalle la Torre dell'Imperatore |
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Immagine della chiusa di San Martino, detta anche Torre dell'Imperatore |
Con
tutta evidenza, la Vettabbia rappresenta il corso meridionale del Seveso oppure
del Nirone: quest’ultima è l’opinione del Cherubini, il cui particolareggiato
vocabolario, composto a più riprese nella prima metà dell’Ottocento, costituisce
una vera enciclopedia degli usi, nomi e tradizioni di Milano, del suo contado e
anche oltre. Testualmente: “entra in città pel Borgo degli Ortolani, passa
nella Caserma Castello e si scarica sotterraneo nella Vecchiabia”.** In pratica
si dice che sono lo stesso corso con nomi diversi, e non sarebbe l’unico
fenomeno del genere che l’idrologia milanese presenta: così le tessere tornano
al loro posto, perchè, secondo un parere ampiamente condiviso, questa
denominazione ha la propria origine nel latino vectabilis (dal verbo vecto che significa “trasportare”)
e quindi vuol dire “trasportabile” e anche “che può trasportare”; è chiaro che
nessun corso d’acqua può avere un nome del genere se non in contrapposizione a
un altro, nel nostro caso la sua parte a monte; insomma, può esser chiamato “il
navigabile” appunto perchè più su non lo è. E poco importa se altri credono che
la Vettabbia sia la prosecuzione del Seveso, poichè la sostanza non muta.
La
navigabilità della Vettabbia in epoche antiche, propriamente, è ancora da
dimostrare, pur se i documenti su cui si basa sembrano veridici: ne daremo
conto nella prossima puntata, ma fin d’ora va sottolineato un aspetto tecnico,
cioè che essa ha un corso naturaliforme, irregolare, ben diverso da quello che
un canale dovrebbe mostrare, e che alla fine si allarga alle dimensioni di un
vero fiume, seppur piccolo, come si vede nella foto della sua confluenza nel
Lambro: questo significa che siamo di fronte a un elemento naturale, per quanto
canalizzato e perfino sotterraneo in alcuni tratti, non a una roggia scavata a
scopi irrigui, che presenterebbe un letto più piccolo e con sponde meno
accentuate.
Si
dice, non sappiamo bene su quali fonti, che già l’imperatore Adriano, nel II
secolo, avrebbe compiuto interventi per la sua navigabilità: la Vettabbia
sarebbe stata così la prima via percorribile da imbarcazioni, a scopo di
commercio verso il Po, di cui la città si dotò nel tempo. E verrebbe confermata
la definizione, data già nel Rinascimento, della Vettabbia come “primo
Naviglio”.
*
intendiamo con “primastoria” la fase in cui, sebbene in assenza di documenti
scritti, le risultanze archeologiche permettono di delineare un resoconto che è
quasi compiutamente storico: del resto sono molti i periodi degli ultimi
tremila anni, specie nell’alto medioevo ma addirittura fino ai giorni nostri,
le cui vicende vengono ricostruite più per indizi che in base a documenti.
**
variante paretimologica di ambito “meneghino” collegata al concetto di “vecchierella”
che potrebbe però anche confermarne l’antichità d’uso.
(1.
continua)
La confluenza della Vettabbia nel Lambro poco a nord di Melegnano |
Ecco il Redefosso tanto noto e (quasi) mai visto
Ecco una più che rara foto di come il Redefosso, erroneamente chiamato al plurale, così da ingenerare etimologie popolari del tipo "Re dei Fossi", mentre il significato è quasi certamente "retrofosso", appariva in zona Porta Nuova fino agli ultimi anni dell'Ottocento, prima che venisse ricoperto. Dobbiamo la scoperta di quest'immagine agli infaticabili collaboratori del sito SkyscraperCity che continuano incessantemente a esplorare, sulle mappe ma anche dal vero, le molte caratteristiche nascoste della nostra città.
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