
L’unico caduto fra i militari fu un soldato, a
quanto pare dal nome ignoto (e la cosa dispiace), che, rifiutatosi di sparare
contro i cittadini, venne immediatamente passato per le armi.

I Visconti, invece, provenivano dal Lago Maggiore e
preso il potere, agli inizi del Trecento, vi restarono per due secoli col
successivo subentro per via militar-nuziale degli Sforza, dei quali l’ultimo,
Ludovico, detto il Moro, è stato forse il più illuminato dei duchi milanesi,
esempio di signore rinascimentale. I Visconti costituirono una dinastia
che pur basata su di uno stato di non ampie dimensioni ebbe modo d’intrecciarsi
con molte casate europee, anche se finì di fatto con l’estinguersi; i Torriani,
o della Torre, apparentemente scomparsi, riemersero dopo varie traversie anche
grazie all’efficiente servizio di posta che i collaterali Tasso avevano
organizzato, a partire dalla Bergamasca: era in quel tempo un compito
essenziale e insieme difficile, e non stupisce che i Maestri di posta delle
origini, diffondendosi in molte terre del Continente e precorrendo coi loro
metodi le poste moderne, abbiano raggiunto nel tempo il titolo di principe,
generando molti rami laterali o successivi. Collegati essenzialmente agli
Asburgo acquistarono importanza europea, come ancora testimonia la famiglia
tedesca dei Thurn und Taxis.
Cè chi vede nel contrasto netto dei colori bianco e
rosso che l’insegna ufficiale di Milano presenta una simbolizzazione, anche
politica (Resistenza, Sessantotto…) di questa duplicità; ma attenzione, la
città è duplice anche sul piano araldico, poiché presenta due stemmi diversi: l’altro
è quello in cui campeggia un biscione ondeggiante di un azzurro intenso con un
saraceno (il divorato) in bocca, così narra una leggenda non si sa quanto
fondata. Lo stemma, che è poi appunto quello della famiglia Visconti e che
dovrebbe alludere alla loro presenza nelle Crociate, è nei fatti il “logo” di
Milano: anzi molti, persino milanesi, credono che sia questa l’insegna della
città.
Ma la sua importanza viene da lontano: il biscione,
o basilisco o come altrimenti lo si vuol chiamare, campeggia ben visibile a
cominciare dalle prime mappe “moderne”, nel Cinquecento, e certo ha avuto un
peso l’originalità, un po’ aggressiva, del disegno, non confondibile come è
invece una croce. Per di più, duecent’anni prima, cioè in contemporanea all’ascesa
dei Visconti al potere, Dante lo citò in un verso famoso del Purgatorio (“la
vipera che il milanese accampa”): non si creda che il poeta abbia voluto
denigrare Milano, se è vero come è vero, che il motto araldico visconteo
suonava “Vipereos mores non violabo”, ambedue frasi di significato non
immediatamente chiaro.
Mostriamo qui alcuni esempi di come il simbolo del
biscione fosse molto diffuso, presentando un boccale recentemente ritrovato negli
scavi sotto il Duomo, probabilmente trecentesco, e un affascinante calice,
ormai di carattere rinascimentale. Anche se la funzione di rappresentare la
Signoria era affidata pure ad altri simboli, come in questa pagina miniata per
Francesco Sforza: una scena di caccia molto viva, pur nella sua simmetria di
composizione, anche cromatica. È presente anche una donna, che non monta all’amazzone,
e campeggia al vertice un falcone minaccioso che chiaramente impersona il
potere ducale.
Nei secoli successivi però altre duplicità,
contraddizioni, contrasti aspetteranno al varco la città, specie nelle sue
vicende acquee, che avevano trovato un temporaneo ma essenziale compimento nel
1496 quando la decisione di Ludovico il Moro permise di collegare la fossa
interna di Milano al Naviglio della Martesana, scavato nella seconda metà del
Quattrocento.
La storia idrica milanese, sempre sofferta, si trova al momento in
cattive acque (se ci perdonate il bisticcio) e non è chiaro se il prossimo
futuro la cambierà di segno: cercheremo perciò, all’inizio del nuovo anno, di
indovinare quel che ci aspetta.
Nessun commento:
Posta un commento